In ascolto dell’icona – n.9

Icona della Crocefissione

 

Gesù è appeso sulla croce, fuori dalle mura di Gerusalemme, poco prima di morire. Sotto la croce ci sono solo sua madre Maria e il discepolo Giovanni: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” Gv 19,26-27.
Maria ha gli occhi chiusi, sta meditando nel suo cuore il senso degli avvenimenti. Sicuramente gli ritornano alla mente le parole con cui ha risposto all’angelo Gabriele: “Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto»” Lc 1,38 , e quelle pronunciate dal vecchio Simeone: “Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima»” Lc 2,34-35.
Maria, udite le parole di Gesù, tende le mani per accogliere Giovanni e in Giovanni ognuno di noi diventa suo figlio.
San Bernardo abate nei sui Discorsi parla del martirio di Maria “Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l’anima della Madre…. Perciò la forza del dolore trapassò la tua anima, e così non senza ragione ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio, superò di molto, nell’intensità, le sofferenze fisiche del martirio.”
 

Sopra la croce c’è l’iscrizione composta da Pilato in latino, greco e ebraico: Gesù il Nazareno il Re dei Giudei, “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum” in latino. In ebraico le iniziali di queste parole corrispondono a “YHWH”, “Io Sono”, il nome con cui Dio si è rivelato a Mosè (Es 3,14) e che solo il Sommo Sacerdote può pronunciare nel giorno dell’espiazione (Yom Kippur). Gesù è veramente il nostro Re e il nostro Dio.
Contemplando questo amore che prende su di sé il peccato e non si difende ogni uomo viene attratto e trova posto nelle sue braccia aperte: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” Gv 12,32.
Lasciamoci anche noi attrarre dal crocefisso, come si è lasciato attrarre l’evangelista Giovanni, il nostro patrono. Rimaniamogli vicini senza scappare come hanno fatto gli altri apostoli e accogliamo Maria nella nostra casa.

 

Si realizza ora quello che Gesù disse a Nicodemo all’inizio della sua missione: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.” Gv 3,14-16
E’ vero che non tutti possono capirlo: “E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” 1 Cor 1,22-25. A noi è stata data la possibilità di comprendere la storia umana e la nostra vita, la croce infatti è come una chiave che apre la serratura (la porta e la finestra nere sulle mura) per svelare il senso della vita e leggere alla luce della parola di Dio il significato della storia.
Vittorino, vescovo martire di Petovio, così si esprime “Il Messia leone per vincere si fece agnello per soffrire” a cui fa eco sant’Agostino: “L’apostolo Pietro dice: È necessario che stiamo in guardia contro le tentazioni, perché il vostro avversario, il diavolo, si aggira cercando la preda da divorare. E dice anche come si aggira: come leone ruggente si aggira cercando la preda da divorare. Chi non sarebbe preda dei denti di questo leone, se non lo avesse vinto il leone della tribù di Giuda? Contro un leone il Leone, contro il lupo l’Agnello. Il diavolo esultò quando morì Cristo, ma con la stessa morte di Cristo il diavolo fu sconfitto: ghermì l’esca rimanendovi però intrappolato. Godeva della morte di lui, come principe della morte. Ma proprio con ciò di cui godeva gli fu tesa la trappola. La trappola del diavolo fu la croce del Signore; l’esca per prenderlo fu la morte del Signore. Ed ecco che il Signore nostro Gesù Cristo risuscitò”

 

Sotto la croce si vedono un teschio e delle ossa: il Golgota in ebraico, Calvario in latino, è il luogo del cranio in cui secondo la tradizione è stato sepolto Adamo. Il sangue di Cristo, di cui possiamo contare le ossa (Sal 21,18), ci apre le porte del Paradiso dopo aver lavato il peccato originale, considerato addirittura come una cosa positiva dall’ Exultet, il preconio pasquale, che canteremo solennemente la notte di Pasqua: “Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti. O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio! Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!”
Il crocefisso è l’icona fondamentale del cristiano che trova posto in tutte le nostre case, in tutte le nostre chiese e anche, purtroppo sempre meno, nei luoghi della vita pubblica. Rappresenta l’amore al suo massimo grado e la vittoria di questo amore su tutte le avversità e tutte le prove cui l’umanità è soggetta.

 

Le parole poetiche dell’ “Inno alla croce gloriosa”, adattate dagli inni del santo vescovo Venanzio Fortunato (530-607) esprimono al meglio i nostri sentimenti:
“La croce gloriosa del Signore risorto è l’albero della mia salvezza; di esso mi nutro, di esso mi diletto, nelle sue radici cresco, nei suoi rami mi distendo.
La sua rugiada mi rallegra ,la sua brezza mi feconda, alla sua ombra ho posto la mia tenda. Nella fame l’alimento, nella sete la fontana, nella nudità il vestimento. Angusto sentiero, mia strada stretta, scala di Giacobbe, letto di amore dove ci ha sposato il Signore.
Nel timore la difesa, nell’inciampo il sostegno, nella vittoria la corona, nella lotta tu sei il premio. Albero di vita eterna, pilastro dell’universo, ossatura della terra, la tua cima tocca il cielo, e nelle tue braccia aperte brilla l’amore di Dio.”

 

Paolo Matacchioni

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